Nicoletta Paniccia non dovrà restituire alcuna somma all’Ater. La precedente amministrazione dell’azienda che gestisce l’edilizia pubblica le aveva chiesto la restituzione di circa 200mila euro dopo averla licenziata per giusta causa insieme al collega Alfio Montanaro. Anzi, quei soldi erano il principale dei tre motivi per cui gli allora presidente Andrea Iannarilli e direttore generale Massimo Serafini avevano licenziato Paniccia e Montanaro. La prima perché li aveva ricevuti, il secondo perché, in qualità di direttore generale, li aveva erogati.
Il caso è finito davanti al giudice civile e la dottoressa Rosella Giusi Pastore ha dato ragione a Paniccia e Montanaro, assistiti rispettivamente dagli avvocati Federico Lucci, Serena Mancini e Iolanda Piccinini.
Al posto della Paniccia è subentrato Montanaro che, prima di liquidare le somme alla collega, aveva chiesto un parere legale. Risposta del parere legale: l’accordo tra l’Ater e la Paniccia era legittimo, quindi i soldi potevano essere pagati. E così è stato fatto fino a quando alla guida dell’Ater non è arrivato Andrea Iannarilli che ha nominato un nuovo direttore generale (Massimo Serafini) mentre Montanaro era stato distaccato, con lo stesso incarico, alla Provincia di Frosinone.
IL COLPO DI SCENA
Poi a novembre del 2022 il colpo di scena: Paniccia e Montanaro vengono licenziati per giusta causa. Vengono contestati tre punti: le somme erogate alla Paniccia, come detto; un aumento retributivo (anche questo previsto dall’accordo tra Paniccia e l’Ater a guida Cippitelli) e presunte irregolarità nel bilancio. E domani, davanti al giudice del lavoro, dottore Massimo Lisi, si discuterà la causa per il licenziamento. Paniccia e Montanaro hanno dalla loro già la pronuncia favorevole del giudice civile su due dei tre motivi sollevati dai vertici dell’Ater per il licenziamento per giusta causa. Ma ogni valutazione ora è rimessa al giudice del lavoro. L’Ater rischia. E non poco.
Nel caso in cui dovesse essere ritenuta illegittima la cacciata di Paniccia e Montanaro, per l’azienda, che già naviga in brutte acque finanziarie, si prefigura un bel salasso: dalla restituzione delle mensilità (25) non percepite a far data dal licenziamento al danno d’immagine subito dai dirigenti, oltre alle spese legali. Senza contare che, nel caso in cui il giudice del lavoro dovesse ritenere illegittimi i licenziamenti, si aprirebbe anche la questione della reintegra. Ma ogni eventuale scenario potrà essere delineato solo dopo la decisione del giudice del lavoro.